Dalla strada
Quello che segue è il recente (settimana scorsa) e crudo racconto della realtà al di fuori del Villaggio San Francesco, dalle parole di Antonio e Patrizia.
” Lunedì abbiamo partecipato ad una raccolta di “ragazzi di strada”: nello stadio di Meru, circa 180 ragazzi di varie età si sono presentati con la promessa di un pasto. Il pasto c’è stato; ma anche, e questo per la prima volta, una registrazione dei loro nomi, dei loro volti.
Sono arrivati alla spicciolata, chi con un amico, chi solo; assieme a loro sono giunti anche gli organizzatori, i rappresentanti del governo della Contea di Meru. Oltre a loro erano presenti anche volontari africani residenti a Meru, i quali, ognuno secondo le sue capacità e possibilità, si interessano di supportare i ragazzi di strada con svariate iniziative.
Mano a mano che il numero di giovani aumentava, immancabilmente aumentava il caos. Ma quello che più ci ha colpiti è stato fin da subito il loro stato di assoluto intontimento: occhi rossi di sangue, vitrei e privi di espressione. Non uno senza la bottiglietta di colla attaccata al labbro superiore, tanto che qualcuno aveva il labbro deformato. Molti erano disponibili a parlare, con noi e gli altri dell’organizzazione; altri invece, chiusi nella loro aggressività, si malmenavano. Sembrava l’inferno dantesco; perché ti posso assicurare che vedere 180 ragazzi in quelle condizioni è stata cosa da soffocare il fiato. Ma ancor peggio è stato quando tutti i singoli hanno formato una moltitudine, assiepata sulle gradinate dello stadio: una massa di disperazione umana.
Davanti a loro erano sedute le varie autorità che a turno hanno preso la parola. Anche io ho detto due parole di presentazione dopo il discorso molto applaudito di Francis. Ma lo spettacolo forse più scioccante è stato quando, alla fine della parte ufficiale, è stato consegnato a ciascuno di loro una pagnotta e mezzo litro di latte: un assalto alla diligenza carico di urla e spintoni, tanto che sono dovuti intervenire due poliziotti armati di manganello per “ristabilire l’ordine”. Dopo il pasto sono stati caricati su due autobus; anche qui scene da farwest poiché molti salivano, poi volevano scendere per prendersi ancora da mangiare oppure più semplicemente non volevano essere portati via. E ancora i poliziotti a spingerli su. E ancora i manganelli. Una cosa da non credere, se non vissuta di persona. Alla fine gli autobus sono riusciti a partire ed i ragazzi sono stati portati a Charia, nella fattoria di proprietà del villaggio San Francesco, a circa 30 km di distanza. Una volta scesi molti di loro, soprattutto i più grandi, erano molto agitati ed urlavano inveendo contro i poveri volontari che cercavano di riportare la calma. Uno adirato perché non gli avevano portato la sua carriola; o meglio, quella che lui pensava fosse la sua carriola. Pazzesco.
La calma è tornata provvisoriamente quando è stato annunciato che in breve sarebbe stato servito un pasto caldo; ma, ancora una volta, appena è comparso il pentolone, urla, spintoni, pugni. Attualmente esiste una capanna di legno che funge da cucina, un’altra che serve da magazzino all’interno del quale erano accatastati molti materassi. Più in là, quello che era un inizio di magazzino fatto di mattoni, è stato trasformato in un dormitorio con un tetto di lamiera.
Qualcuno di loro si è buttato per terra sui materassi ed ha cominciato a dormire; la maggior parte si è seduta invece sotto gli alberi chiacchierando. Probabilmente con la pancia così piena come mai era accaduto loro. La situazione si è così parzialmente tranquillizzata. Dopo circa un’ora, verso le 4 del pomeriggio sono stati portati al fiume per lavarsi. Disgraziatamente qualcuno, durante il tragitto, ha pestato un nido di vespe che hanno cominciato a pungere i malcapitati. Occhi gonfi, punture in ogni parte del corpo, per fortuna senza gravi conseguenze.
Sono stati quindi consegnati vestiti “nuovi” (di seconda mano, ovviamente!), ma soprattutto. . .è stata requisita la boittiglietta di colla che tutti conservavano come trofeo di vita. I ragazzi rimarranno per tre mesi, nella fattoria, con la speranza che dopo i primi giorni di astinenza dalla colla, possano piano piano riprendere possesso della loro esistenza. 36 di loro, i più piccoli (circa 6-7 anni), sono stati portati direttamente al Villaggio San Francesco. Ora vagano per il villaggio, ancora inconsapevoli della nuova speranza che stanno calzando ai piedi. Ci sono anche quattro ragazze, che dormono in una stanza nella parte dove dormono gli insegnanti, al vecchio Villaggio. Una in particolare ci ha colpiti perché, tredicenne, la sera prima era stata con cinque uomini. Se tu la vedessi. . . una bambina.”